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AI-Enabled Experiences: diario di bordo di un team di designer

L’AI non è una feature: è un nuovo modo di fare design. In questo diario raccontiamo cosa abbiamo imparato creando assistenti conversazionali, con dieci lezioni pratiche per chi vuole affrontare queste sfide da designer.

Gea Sasso & Alberto Andreetto
Service & Interaction Lead Designer

01.09.2025 - 10 min di lettura
Illustrazione di un iceberg usato come metafora: l’utente finale vede solo la punta, mentre sotto la superficie si estende la complessità nascosta di un sistema AI fatto di tecnologie, dati e interazioni professionali.

Questo articolo è una piccola guida scritta da designer per designer.

Non è un pezzo tecnico né un paper accademico, ma il racconto onesto di quello che abbiamo imparato lavorando a progetti in cui l’AI generativa e gli agenti conversazionali non erano solo uno strumento tra i tanti, ma il vero cuore dell’esperienza progettata.

Se sei in cerca di una citazione brillante da condividere su Linkedin, forse questo articolo non fa per te. Qui si parla di progettazione concreta, quella fatta di tentativi, errori e iterazioni continue. È un racconto pensato per chi, come noi, si trova “in mezzo”, tra la strategia e il risultato finale, tra la visione e l’implementazione.

Recentemente abbiamo lavorato a due progetti molto diversi, ma accomunati da un obiettivo simile: costruire un assistente conversazionale AI utile, accessibile e in linea con i bisogni reali delle persone.

  • Nexi – Alberto ha lavorato su un assistente virtuale di customer care. Un progetto di 9 mesi in cui, insieme al Design Studio interno a Nexi, abbiamo analizzato diverse aree aziendali per capire dove l’AI generativa avrebbe portato il maggiore impatto sugli utenti finali. Dopo aver valutato KPI e ROI, il supporto clienti è risultato l’ambito più promettente: l’obiettivo era passare da un supporto generico a uno tailor-made, capace di dare risposte mirate e pertinenti.
  • Lenovo – Gea ha lavorato su LIA (Lenovo Intelligent Assistant), un progetto di 6 mesi per il contesto retail B2C. LIA è un assistente AI che semplifica la scelta dei prodotti in un catalogo molto ampio, adattando linguaggio e contenuti in base al livello di competenza degli utenti. L’esperienza combina interfaccia modulare, animazioni leggere e una presenza fisica distintiva in-store. Il sistema integra diversi layer (dal data source al frontend) e si basa su un’architettura AI in grado di comprendere le esigenze dell’utente e restituire risposte sintetiche, tecniche e personalizzate.

Dopo aver raccontato troppe volte a colleghi e curiosi “come si fa”, abbiamo deciso di raccogliere in dieci punti quello che abbiamo imparato e condividerlo con chi, come noi, si trova a confrontarsi con questo tipo di sfide da zero o quasi. Non sono verità assolute, ma lezioni nate da tentativi, successi e soprattutto errori. Magari potranno essere utili anche a te.

01. Concretezza prima di tutto

Un assistente conversazionale ha senso solo se è utile. E per essere utile deve essere chiaro, immediato, orientato all’azione. L’utente vuole arrivare a una risposta in pochi passaggi, senza fronzoli. Questo significa progettare interfacce semplici, risposte brevi ma chirurgiche e interazioni fluide

Dietro questa apparente semplicità, però, si nasconde una struttura complessa: intenti, dataset, fallback intelligenti, cicli continui di iterazione tra design, dati e sviluppo. Tutto questo deve restare dietro le quinte. L’utente non deve accorgersene. Quello che conta è che l’assistente abiliti un nuovo modo di conversare, egualmente naturale e immediato, ma anche coerente con l’identità e i valori del brand.

Tip per designer

  • Per farti un’idea di interazioni e contenuti, parti dallo scrivere risposte come se stessi parlando a un collega al volo: massimo tre frasi, verbo all’inizio e chiusura con un’azione possibile (“Vuoi vedere i modelli?”, “Ecco cosa puoi fare ora…”).
  • Per l’interfaccia assicurati di mappare tutti i siti e le property in cui il tuo assistente finirà. Assicurati di stabilire per ognuno di essi dove posizionare l’interfaccia, e di conseguenza con quale attenzione visiva affrontare la progettazione.
  • Dopo aver immaginato il flusso, prova a ridurre i passaggi per arrivare alla risposta: ogni clic o input in più è uno sforzo cognitivo da evitare. Prevedi scorciatoie e suggerimenti smart, decidi se il tuo assistente deve essere proattivo e incalzante.

02. Il linguaggio è design (e viceversa)

Scrivere per un assistente AI non è come scrivere per un sito o un'app. Ogni parola, ogni tono, ogni pausa è parte integrante dell'esperienza. Il linguaggio deve adattarsi al pubblico e rimanere coerente con l’identità del brand.

Questo significa lavorare sulla voce dell’assistente, intesa non come suono ma come personalità: atteggiamento, stile, modo di rispondere. Con LIA, ad esempio, abbiamo definito un tono professionale ma semplice, coerente con l’esperienza di un punto vendita. Con Nexi invece, abbiamo progettato un linguaggio rassicurante, autorevole ma senza risultare formale e distaccato.

Grafico che mostra i parametri utilizzati per definire il tone of voice dell’assistente virtuale Nexi: rassicurante, autorevole e al tempo stesso accessibile, non formale

Tip per designer

  • Crea sin da subito un documento guida con tono, parole da evitare, esempi giusti e sbagliati. Usalo come riferimento vivo e aggiornabile per tutto il team. Non serve che sia perfetto, ma sarà essenziale per allineare e collaborare con il team, ancora prima di avere un prodotto testabile.
  • Scrivi le risposte come se avessero un corpo, una postura, un'intenzione: chiediti sempre “che atteggiamento sto trasmettendo?”. Se può fare al tuo caso, prova ad usare il role play e a immaginare come altri brand, specialmente competitor, possano esprimere il medesimo concetto. In alternativa puoi anche scegliere a quale personaggio pubblico deve ispirarsi il tuo bot per stile e modalità di linguaggio. In Nexi per esempio ci siamo ispirati al modo di parlare di Cecilia Sala, diretto, amichevole, giovane ma autorevole e attendibile
  • Se ancora non sei sicurə della direzione da prendere, puoi sempre utilizzare degli A/B test tra diversi toni di voce per la stessa risposta: scoprirai cosa genera fiducia, chiarezza o empatia a seconda del contesto. Puoi testare tutto, dalle modalità di risposta fino al carattere. Pro tip: può diventare un’attività quasi ricreativa per il team per capire se tutti si immaginano l’assistente nello stesso modo, con la stessa voce, tono, carattere, etc.

03. L'animazione è contenuto

Nel progettare l’assistente, Identità, visual e animazioni hanno un ruolo chiave, non sono elementi decorativi, ma aiutano a rendere l’AI tangibile nel contesto digitale o fisico.

Con LIA abbiamo scelto di dare all’assistente una presenza visiva, senza però cadere nella trappola della personificazione eccessiva. Con Nexi invece, l’assenza di un’animazione marcata o di personificazione ed elementi identitari sono state delle scelte precise. Anche l’assenza è un messaggio, per far sì che l’utente possa concentrarsi maggiormente sul contenuto. Ogni movimento, ogni tempo di attesa, ogni transizione racconta qualcosa dell’esperienza che stai offrendo.

Tip per designer

  • Definisci quando e perché l’assistente - che sia un avatar o un’interfaccia - si muove e come i movimenti che fa siano o meno identitari e abbiano uno scopo: ogni animazione deve avere un significato, ad esempio accompagnare una pausa o confermare un’azione.
  • I tempi di risposta possono decisamente uccidere il “mood” e far svanire l’attenzione in un istante. Sfrutta micro-delay e transizioni per gestire i tempi dell’AI: servono a coprire i tempi morti e rendere l’attesa meno fredda.
  • Evita movimenti o gesti eccessivamente umani a meno che non siano una caratteristica distintiva dell’agente che stai progettando. Rendi l’assistente vivo, ma non caricaturale, trovando un equilibrio sobrio e riconoscibile che sia in linea con i contenuti, il brand e le aspettative dell’utente.

04. L’AI è un sistema, non una feature

Un assistente AI non è una funzione che si attiva con un click. È un sistema complesso dove l'interfaccia è solo la punta dell’iceberg. Tutto il resto, come l'ingestione dei dati, la mappatura degli intenti, la riduzione delle chiamate, fallback e UI – deve essere progettato in modo integrato.

Qui il lavoro di squadra è essenziale, nessuno può lavorare da solo: serve un team multidisciplinare che includa designer, sviluppatori, data analyst, product owner. E serve anche un processo iterativo, in cui si progetta, si testa, si aggiusta. Più volte di quanto vorremmo ammettere.

Grafico a otto livelli che rappresenta la complessità di un sistema AI, includendo tecnologie, infrastrutture e supporto umano.

Tip per designer

  • Sapere dove l’assistente verrà fruito è fondamentale per la sua progettazione. A seconda della piattaforma, tante cose possono essere completamente diverse: questo influenza l’ambiente di progettazione, l’interfaccia, ma anche come l’interazione inizia e finisce all’interno di un’esperienza più ampia.
  • Progetta l’intero ecosistema conversazionale, non solo le schermate: includi intenti, fallback, interazioni vocali, escalation umane. Prova a immaginare soprattutto cosa succede prima e dopo l’interazione con l’assistente
  • Organizza sessioni di co-progettazione tra design, sviluppo e dati: una modifica a un intent può cambiare tutta l’esperienza. Se vuoi rendere il tutto anche più ingaggiante, prova con il team a invertire i ruoli e ripercorrere delle decisioni già prese: come avrebbe disegnato questa micro interazione qualcuno che si occupa di dati?
  • Documenta con mappe di flusso dinamiche l’evoluzione dell’assistente nel tempo. Ti servirà anche per tenere traccia di opzioni scartate, alternative considerate o semplicemente idee che avevi inizialmente accantonato e che potrebbero rivelarsi utili in un secondo momento.

05. Il costo dell’AI

L’AI generativa è potente, ma ha un costo. Non solo in termini economici, ma anche ambientali e di efficienza. In certi casi, risposte costruite in modo deterministico funzionano meglio, sono più rapide, più affidabili e meno costose.

Nel progetto Nexi, ad esempio, solo il 37% degli oltre 130.000 intent mensili è gestito con AI generativa. Il resto funziona in modo deterministico, senza ricorrere all’AI per ogni chiamata. Questo permette di controllare i costi e mantenere alte le performance, soprattutto per uno strumento dove decine di migliaia di utenti possono accedervi e interagirci ogni giorno, 24/7.

Rappresentazione delle customer journey utilizzate per progettare l’assistente virtuale Nexi.

Tip per designer

  • Identifica i task “ripetitivi” da automatizzare con regole fisse, aiutandoti con la lista dei principali motivi di contatto degli utenti (es. FAQ, orari, info prodotto). In questo modo risparmierai chiamate all’AI attraverso risposte deterministiche.
  • Associa ad ogni risposta una domanda di follow up per ridurre i tempi e di conseguenza i costi di interazione, ma anche per supportare l’utente con una conversazione proattiva.
  • Crea delle dashboard con metriche di costo per singola interazione: usale per valutare cosa ottimizzare, ridurre o disattivare. In questo modo sarà più semplice capire come arrivare alla risposta desiderata più velocemente.

06. Il dato: il vero elefante nella stanza

Il dato è il fondamento di qualsiasi assistente. È la knowledge base dalla quale l’assistente si nutre per generare le risposte. Spesso è il problema più grande: i dati sono sporchi, non strutturati, non accessibili. Prima ancora di pensare a una buona conversazione bisogna mettere ordine.

In alcuni casi, il lavoro di raccolta, pulizia, organizzazione e aggiornamento dei dati è un progetto nel progetto. E no, aprire l’accesso indiscriminato a internet non è la soluzione: più il sistema è aperto maggiori sono i rischi di ottenere allucinazioni o risposte imprecise.

La qualità del dato resta il vero nodo critico, specialmente quando parliamo di informazioni e dati aziendali per garantire coerenza con il proprio. È il caso, ad esempio, della linea prodotti: se i dati non sono accurati o aggiornati, l’assistente rischia di proporre informazioni errate o addirittura dirottare l’utente verso contenuti che non rappresentano correttamente il brand.

La complessità dei dati che alimentano l’assistente LIA, che si cela dietro l’interfaccia utente.

Tip per designer

  • Fai un inventario strutturato dei dati prima ancora di iniziare: elenca cosa c’è, cosa manca, la qualità o la reperibilità di un certo dato.
  • Pulisci e normalizza i contenuti in formati leggibili dall’AI: ogni anomalia può compromettere la risposta.
  • Definisci a priori il perimetro della conoscenza del tuo assistente: meglio una conoscenza limitata ma affidabile, che ampia ma potenzialmente errata, specialmente quando si tratta di dati aziendali o informazioni non verificabili su internet.

07. Fare test è la parte più difficile (e la più utile)

Testare un’interfaccia è relativamente semplice. Testare un assistente conversazionale è molto più complicato. Ci sono migliaia di combinazioni possibili, e non si può prevedere tutto. Servono settimane di test, prove, analisi degli errori.

Su Nexi, quasi metà del tempo di progetto (4-5 mesi su 9) è stato dedicato ai test: abbiamo fatto prompt testing, simulazioni, raccolto feedback degli utenti e iterato di continuo. È un lavoro lungo e non sempre gratificante, ma è quello che fa la differenza tra un assistente che funziona davvero e uno che ti lascia a metà frase o addirittura ti da una risposta sbagliata o non in linea con i valori del brand.

Foglio Excel che rappresenta la complessità del servizio di assistenza Nexi.

Tip per designer

  • Se non puoi testare massivamente con utenti reali, costruisci una suite di test conversazionali con domande verosimili, imprecise, mal formulate e simula l’utente vero, non quello ideale. Utilizzando i flussi che hai progettato all’inizio, segui le varie ramificazioni per assicurarti che l’assistente dia effettivamente le risposte progettate.
  • Crea un log di conversazioni per classificare gli errori: linguaggio, tono, comprensione, dati. Ogni errore è una miniera d’informazioni.
  • Fai test qualitativi con utenti reali in presenza o da remoto: il body language spesso vale più della conversazione e puoi sempre utilizzare domande ulteriori per capire meglio aspettative e frustrazioni.

08. Il design è anche educazione

Un assistente AI non si limita a rispondere: educa e guida le scelte dell’utente. E in questo ha una responsabilità. Progettare un’esperienza chiara, etica, comprensibile significa anche aiutare l’utente a orientarsi, a capire cosa può chiedere e cosa no. Serve trasparenza, serve semplicità, serve un approccio che consideri anche diversi livelli di attenzione o conoscenza dell’argomento. Anche dietro a una risposta automatica, c’è un’intenzione progettuale che può migliorare (o peggiorare) l’esperienza di chi usa il sistema.

LIA risponde a una domanda utente chiarendo che i device Lenovo Yoga non hanno distinzione di genere.

Tip per designer

  • Progetta un "onboarding conversazionale" che mostri subito all’utente cosa può fare e come. Utilizzando interazioni naturali e conversazionali sarà più semplice per l’utente ambientarsi, e l’onboarding sarà più efficace.
  • Evita messaggi vaghi tipo “Posso aiutarti” e sii specifico, con messaggi del tipo: “Posso aiutarti a scegliere un computer o trovare un accessorio compatibile”. Questo ti consentirà di ridurre i costi e aumentare comprensione e chiarezza verso l’utente.
  • Prevedi risposte che normalizzano i limiti dell’AI con tono positivo: “Non posso ancora fare X, ma posso aiutarti in questo modo…”. Non è importante che l’assistente sia in grado di fare qualsiasi cosa, ma che sappia fare in maniera eccellente ed accurata ciò per cui è stato progettato.

09. Ridurre l’overload, massimizzare la comprensione

Ogni parola conta, ogni immagine deve essere funzionale. L’obiettivo è far arrivare il messaggio nel modo più semplice possibile. Abbiamo lavorato molto sull’equilibrio tra testo, immagini, voce. L’utente non ha tempo, non ha voglia di leggere lunghi paragrafi. Serve una progettazione che tenga conto dei limiti cognitivi e favorisca la comprensione, anche mentre si fa altro. Un buon assistente è quello che non ti fa pensare troppo, ma ti fa ottenere quello che ti serve.

Interfaccia di LIA con i risultati di ricerca dei prodotti Lenovo.

Tip per designer

  • Scrivi con struttura a piramide: prima la risposta, poi il dettaglio, infine l’approfondimento (se richiesto). Questo aiuta a semplificare molto il flusso di conversazione e a ridurre il numero di interazioni. Un utente che trova una risposta rapida a ciò che cerca è un utente felice.
  • Semplifica visual e testo fino al punto che ti sembri troppo essenziale. Poi togli ancora qualcosa, se ti sembra troppo essenziale, probabilmente sei nel punto giusto.
  • Testa le interfacce in condizioni reali, in mobilità o multitasking . Se funziona lì, funziona ovunque. Puoi anche pensare di eseguire alcuni dei test con gli utenti in questa modalità.

10. Fare o non fare, non c’è provare (cit. Yoda)

Molte delle cose che oggi ci sembrano ovvie, le abbiamo capite sbagliando. Nessun corso o articolo – nemmeno questo – sostituisce l’esperienza diretta. Abbiamo imparato confrontandoci con gli sviluppatori, iterando sulle conversazioni, rivedendo le risposte mille volte. E ancora oggi stiamo imparando. Il consiglio migliore che possiamo dare? Inizia. Prova. Sbaglia. Ripeti.

Tip per designer

  • All’inizio, predisponi un piccolo ambiente sperimentale dove testare nuove funzionalità anche incompiute: meglio sbagliare in piccolo. Puoi anche creare GPTs per aiutarti, è davvero semplice.
  • Crea un processo condiviso con sviluppatori dove registrare e analizzare ogni errore trasformandoli in occasioni di miglioramento. Usa la gamification a tuo favore e rendilo divertente come una partita a punti o il fanta-sanremo.
  • Programma retrospettive mensili: cosa abbiamo imparato? cosa non ha funzionato? cosa proviamo la prossima volta? Questo ti aiuterà a creare anche un tuo modo di lavorare e collaborare su temi nuovi.

Conclusione

Progettare un assistente AI è, prima di tutto, un lavoro di squadra. Non esistono ruoli rigidi o confini netti: interaction designer, visual designer, copywriter, sviluppatori – tutti devono lavorare insieme, condividere scelte, confrontarsi, cambiare idea. Nessuno progetta da solo e nessuno arriva in fondo da sé. Le soluzioni più efficaci, nei nostri progetti, sono nate nei momenti di dialogo serrato, quando abbiamo saputo mescolare competenze e punti di vista.

Abbiamo scritto risposte a quattro mani, testato conversazioni su fogli Excel, discusso animazioni su Figma e rifinito microcopy direttamente nel codice. Il risultato finale non è stato mai il frutto di un’illuminazione, ma della somma di tante iterazioni condivise.

Se c’è una cosa che ci portiamo a casa, è che la progettazione conversazionale non è solo un nuovo tipo di design. È un nuovo modo di collaborare e di essere designer all’interno di un team.