Ormai è passato un anno intero da quando il virus SARS-COV-2 ha fatto polpette della nostra normalità, e uno degli effetti più macroscopici è stato lo stravolgimento della relazione di ciascuno di noi con gli spazi del lavoro. Uffici e negozi deserti o abitati da poche persone alla volta, case private trasformate in uffici, aziende e città che si trovano a gestire una complessità del tutto nuova, magari intravista tra i riflessi di un futuro possibile, e ora di colpo diventato urgente.
Siamo onesti, non tutto è conseguenza del Covid. Tutto sommato è comodo imputargli l’origine di tutta questa incertezza e confusione: permette di posticipare la resa dei conti con una realtà che era già in trasformazione, solo più lentamente. Il rapporto con i luoghi in cui esercitiamo la nostra professione stava già cambiando, noi come persone avevamo già mutato le nostre aspettative nei confronti degli uffici che abitiamo, e la tecnologia che usiamo ogni giorno facilitava questo cambio di prospettiva.
A tutti piacciono gli uffici accoglienti, che ospitino altre funzioni e servizi oltre alla produzione di valore commerciale - socialità, divertimento, spazi per sviluppare le inclinazioni personali - e, onestamente, i ritmi e le modalità del lavoro contemporaneo portano a un collasso tra sfera personale e professionale che fanno sì che i luoghi di lavoro spesso coincidano con lo spazio vitale delle persone. La tecnologia del resto - e questa è una considerazione scevra da giudizi di valore, badate bene - ci rende tutti interconnessi, vicini nelle intenzioni, anche se non necessariamente fisicamente prossimi.
Tutte queste considerazioni rendono urgentissima la riflessione sugli spazi di lavoro: il loro futuro del resto non è tra dieci, o vent’anni, ma l’anno prossimo - si spera -, quando questo new normal di cui parliamo sempre meno non sarà più solo una speranza delusa, ma finalmente una realtà.
Per questo, in occasione della Milano Digital Week, abbiamo organizzato un dibattito intorno a questo tema, radunando esperti della progettazione - designer e architetti - ma anche tecnologi, amministratori pubblici e rappresentanti delle imprese, soggetti che vivono sulla propria pelle il cambiamento e lo plasmano con le proprie decisioni.