Sketchin

Foresight

Progettare per il next-to-be

Perché progettare prodotti e servizi innovativi nella nuova decade sarà diverso dal passato? Come il design potrà facilitare il processo?

Sketchin

17.01.2020 - 7 min lettura

Gli anni ’20 del nuovo secolo sono appena cominciati e ed è il momento di fare un po’ di riflessioni sulla decade che ci aspetta. Nello scorso decennio il mondo per come lo conosciamo è cambiato moltissimo in quasi tutti gli ambiti: instabilità politica, volatilità dei mercati, incertezza generale nella dimensione economica e sociale. Possiamo spolverare il concetto di Vuca, un acronimo (Volatility, Uncertantiy, Complexity, Ambiguity) coniato dopo la fine della Guerra Fredda per descrivere l’attuale stato di cose.

Sembra che avesse ragione Giambattista Vico nel dire che la storia procede per corsi e ricorsi: anche nel secolo scorso gli anni Venti sono stati caratterizzati da una grande accelerazione dei fenomeni economici e sociali; speriamo tuttavia che, per la parte politica, ci vada meglio di allora.

Nel mondo business, quello che possiamo osservare più da vicino da quell’osservatorio che è il nostro studio, abbiamo notato come il panorama sia stato invaso da nuovi attori che sfruttano tecnologie emergenti e nuovi modelli operativi per ridefinire le policy così da diventare i punti di riferimento non solo del mercato, ma anche della società civile, definendo nuovi livelli di qualità nell’esperienza vissuta dalle persone e nei modelli di servizio.

Possiamo anche citare alcune aziende come paradigmatiche di alcune tendenze: WeChat è il simbolo di come i confini tra le diverse industries si stiano affievolendo, Tesla o Amazon definiscono il livello di esperienza che tutti vorremmo vivere e Forward dimostra come le nuove tecnologie stiano aprendo mercati del tutto nuovi.

La situazione di incertezza politica globale è stata tale e tanta che si sta cominciando a guardare a queste realtà e ai modelli su cui si basano come ad una possibile soluzione per regolare il resto della società.Risulta evidente come un cambiamento radicale non sia solo inevitabile, ma anche auspicabile.

Tecnologie esponenziali e spazio di opportunità

Se è vero che ci troviamo nell’Exponential Age, occorre fare un po’ di chiarezza sulla terminologia.

Una tecnologia può dirsi esponenziale quando, in un dato periodo di tempo, raddoppia in capacità o prestazioni; oppure dimezza i suoi costi. Come ad esempio i computer e i transistor, che raddoppiano ogni 18 mesi secondo la ben nota legge di Moore (anche se questo non sembra essere più vero da qualche mese). Ci sono molte altre tecnologie esponenziali che seguono lo stesso percorso come la stampa 3D, i droni, la robotica, l’intelligenza artificiale, la biologia sintetica, eccetera.

Se parliamo di qualcosa di esponenziale intendiamo anche qualcosa che si trasforma ad altissima velocità. Lo spazio di opportunità che si spalanca davanti alle persone e alle imprese è quindi vastissimo e, allo stesso tempo, in continua e rapidissima evoluzione.

Ma c’è un altro aspetto che le contraddistingue:

Una tecnologia esponenziale è tale quando il suo rapporto costo-prestazioni le permette di essere incorporata nella soluzione dei problemi di business di oggi in modi che prima non erano possibili.

E le aziende devono essere pronte a farvi fronte, facendo i conti sia con la rapidità sia con la possibilità che il cambiamento non sia graduale, ma rappresenti proprio un cambio di paradigma, un vero e proprio balzo quantico.

L’onere del cambiamento sembra gravare soprattutto sulle imprese e sulle organizzazioni, grandi intermediarie del rapporto tra le singole persone e il futuro. E, se da un lato questa prospettiva da le vertigini e la posta in gioco altissima, dall’altro i vantaggi per chi è in grado di interpretare correttamente le opportunità di questo nuovo scenario sono altissimi, sia in termini di revenue sia di leadership sul mercato.

Quello di cui sembra esserci bisogno è un qualche genere di ordine che permetta di ridefinire direzioni chiare e di poter affrontare il futuro con una prospettiva. Già in ambito tecnologico emergono i primi, timidi, tentativi di regolamentazione normativa: la PS2 in ambito bancario, la GDPR per i dati delle persone.

Futuri prossimi, remoti, possibili

Il futuro è una dimensione fluida e plurale. Cambia, si trasforma, e può essere guardato solo attraverso la lente della probabilità, del desiderio, a volte della speranza.

È meglio parlare di futuri, invece che di un unico generico domani: non tutto quello che succederà è ugualmente incerto. Alcuni avvenimenti sono determinati tanto da poter essere trattati come un presente, altri possibili, altri ancora sono delle opzioni che non possono neppure essere considerate tanto sono remote nel tempo o gravate da variabili incommensurabili.

Se nella dimensione politica e sociale la prossima decade sarà ancora dominata dalla dimensione del VUCA, nell’ambito del mercato e della tecnologia le cose sembrano — la cautela è d’obbligo — lasciare aver raggiunto un minore livello di incertezza.

È lo spazio di quello che abbiamo chiamato “next-to-be”: un futuro che è già sufficientemente definito tanto da poter essere affrontato con gli strumenti del pensiero progettuale.

In altre parole, progressivamente le tecnologie entreranno in una fase di maturità e quindi potranno essere adottate in tempi certi, allora stesso modo il quadro normativo si sta precisando e, progressivamente, regola alcune aree grigie.

Il futuro si definisce progressivamente e permette a quanti sono in grado di interpretare le informazioni di programmare e progettare la propria evoluzione. In altre parole, di trattare il futuro prossimo con un approccio progettuale.

Dalla sperimentazione all’industrializzazione

Il concetto di futuro fa il paio con quello di immaginazione. Non è possibile affrontare il futuro senza essere in grado di immaginarlo.

Nel caso di un futuro remoto, la fantasia può correre libera. È lo spazio della fantascienza.Possiamo dire, senza tema di essere smentiti, che nel 2375 ci sarà un’Egemonia Galattica. Questa affermazione non è ne vera ne falsa. Potrebbe andare bene per un film o un libro.

Se invece interpretiamo correttamente le tendenze già in atto, possiamo fare delle affermazioni probabilistiche: nel 2070, si stima che la popolazione mondiale sarà di 10,459,239,501 persone. Questo dato ci permette di fare delle ipotesi in molti ambiti: la produttività dei raccolti, la disponibilità di materie prime, l’abitare…, ma il margine di incertezza è ancora altissimo. C’è tutto il tempo perché un asteroide ci possa colpire e nebulizzare in un istante la civiltà.

Nell’ambito del “next-to-be” invece si riduce l’aleatorietà (anche se non elimina l’eventualità di eventi esogeni incontrollabili).

Questo permette alle imprese per la prima volta dopo decenni di definire un orizzonte di trasformazione pianificando il salto tecnologico a breve e a medio termine con criterio e permette di guardare al futuro con un approccio industrializzato.

La gestione del rischio in questi casi è inferiore e gli investimenti delle aziende non sono più a perdere, come nel caso in cui ci si spinga nel dominio dei futuri remoti. Il 5G, per fare un esempio diventerà realtà da qui ai prossimi 2 anni, a seconda della legislazione dei singoli paesi; lo stesso si può dire per quanto riguarda l’automazione dei veicoli.

In breve, è possibile — e in questo il design è fondamentale — immaginare il futuro da qui a 5 anni con una ragionevole precisione, comprendere quali tecnologie saranno mature per allora e da qui partire in un percorso a ritroso che consenta di comprendere che tipo di esperienze vivranno le persone, individuare quali saranno le piattaforme tecnologiche e operative che le abiliteranno e, infine, definire una roadmap per colmare il gap tra quella visione e il presente.

Possiamo anche provare a schematizzare gli step di questo percorso:

  1. Guardare le tecnologie esponenziali mature, capire quale sarà la loro curva di adozione da qui a 36 mesi, comprenderne le implicazioni regolatorie e le possibilità per le persone, osservare e comprendere i macro trend che attraversano il mercato e la società civile.
  2. Immaginare che tipo di esperienza ideale si vorrà offrire alle persone definendone il modello operativo di servizio front-stage e back-stage ideale per sostenere quel genere di esperienza.
  3. Identificare la mappa applicativa e operativa ideale (BSS / OSS) e valutare la distanza tra le infrastrutture del futuro e la realtà odierna per capire come la propria struttura si debba trasformare per poter offrire quel genere di servizio, o di prodotto.
  4. Definire una roadmpap per colmare questo gap ed eseguirla.

Il ruolo del Design è quello di definire lo scenario futuro e analizzare questa visione per ricavarne requisiti così da consentire alle organizzazioni di orientare gli investimenti per i prossimi tre, cinque anni su una curva di cambiamento certa. Se l’approccio della disciplina è strategico per quanto riguarda le infrastrutture, resta però sperimentale per quanto riguarda le funzioni di business. Proprio perché il percorso che le organizzazioni dovranno affrontare potrebbe non essere lineare, ma potrebbe costringerle ad affrontare dei balzi quantici sia in termini di offerta che di struttura interna.

Attenzione però: concentrarsi sul next-to-be non elimina la necessità di costruire ipotesi e scenari per prepararsi a eventualità più remote. Così come esistono diverse gradualità di futuro, devono esistere diversi modi di affrontarlo. In questo il design può offrire un contributo fondamentale: di decimo uomo quanto si guarda al futuro remoto, di interprete e visionario quando si affronta il medio periodo, e di pioniere quando si ha a che fare con il next-to-be.

In fondo, il futuro è soprattutto frutto del modo con cui siamo in grado di immaginarlo e pensare al futuro cambia il modo in cui i progettiamo per il presente.