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Purpose, tempo, cultura: le chiavi di successo delle strategie di innovazione

Dopo il ciclo di eventi dedicato ai temi del Venture Building a Roma e Milano, abbiamo chiesto ad alcuni dei relatori di condividere le proprie esperienze con la community.

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04.05.23 - 7 minuti di lettura

L’innovazione radicale è un percorso necessario, ma non privo di rischi. Anche se esiste una traccia più o meno definita da seguire, ciascuna realtà interpreta la traiettoria più adatta in modo specifico. 

I nostri ospiti Andrea Granelli, CEO di Kanso, Stefania Sammartano, Head of People and Organization eMobility – Enel Group e Fabrizio Rauso, Director People, Organization and Digital eXperience di Sogei, ci offrono le loro riflessioni sul tema rispondendo ad alcune domande.

Come vengono percepiti i percorsi di innovazione nei vostri contesti?

Entrambi i nostri ospiti hanno concordato sull’importanza dei percorsi di innovazione, senza nasconderne i limiti, o le ambizioni, quando indirizzate verso un obiettivo più vasto del processo in sé. 

Andrea Granelli puntualizza come questi processi siano più spesso guidati dalla tecnologia e siano concentrati a trasformare la dimensione materiale, più che servizi e comportamenti, lasciando intendere che il maggior valore si trova in queste ultime due dimensioni. La prima invece rappresenta un mezzo per raggiungere un fine ulteriore, che ha a che fare con le persone e i loro obiettivi. 

Fabrizio Rauso indica lo stesso aspetto, ma elevato al livello della Nazione, la quale ha bisogno di questi processi per crescere e che Sogei contribuisce ad avviare proprio con questa ambizione. 

Stefania Sammartano, evidenzia come il percorso di innovazione in Enel duri da 10 anni e sia diventato il DNA dell’azienda: “Abbiamo creato team specializzati nell’innovazione partendo dalla cultura dei manager per promuovere un contesto in cui sia ammissibile sbagliare e rischiare; senza questo non c’è innovazione. È evidente che la tecnologia gioca un ruolo importante, ma l’innovazione è molto di più”.

Quali sono i fattori di successo e di fallimento di questi percorsi? 

Ne abbiamo parlato in un contributo pubblicato poche settimane fa, e abbiamo posto la medesima domanda ai nostri ospiti. 

Granelli: “Sono soprattutto la visione a lungo termine, la capacità di tradurre sfide in strategie e azioni pianificate e misurabili - un  business plan per intenderci e la saggezza di comprendere gli impatti nel medio termine. Tra i fattori di insuccesso metto la scarsità di motivazione; le competenze non adeguate; la debolezza nel people management”. 

Sammartano aggiunge: “I rischi più grandi sono quelli legati all’integrazione tra team che guardano al futuro e team che gestiscono il business as usual, il Profit & Loss. Creare relazioni armoniche e generative tra questi gruppi è la sfida quotidiana di chi vuole un’azienda in grado di mettersi in costante discussione”

Rauso: “Budget prima di tutto! Ma non solo, quelli di venture sono percorsi a medio termine e devono essere supportati “top down” con l'esempio, facendo grande attenzione all’execution e ai risultati.  Devono essere legati al piano di crescita dell’azienda come elementi di connessione e non di eccezionalità”.

Non c’è innovazione senza competenze: per innovare bisogna studiare.

Fabrizio Rauso, Sogei

Ci sono altri due fattori che determinano il risultato dei percorsi di venture: i luoghi e lo studio. 

“I luoghi - evidenzia Granelli -  sono potenti e lo strato digitale che vi possiamo associare ne può moltiplicare la potenza aumentando ispirazione, engagement e benessere”.

Tuttavia, ricorda Rauso “Non c’è innovazione senza competenze: per innovare bisogna studiare”.

Un conto è essere consapevoli dei fattori che ostacolano o facilitano i percorsi di venture, ben altro è promuoverli e accettare gli esiti di quello che potrebbe seguirne. 

Soprattutto, è necessario accettare il fallimento, quello vero, che porta le persone a misurare le proprie capacità (o mancanze), e i limiti delle iniziative, allenando in modo sistematico il pensiero critico e la capacità di immaginare e simulare costantemente scenari alternativi. 

“Ma le competenze e i processi devono contribuire a innovare in modo sostenibile - aggiunge Sammartano -.  L’innovazione non sostenibile è solo “nuovismo”, voglia di stupire grazie alla semplice novità, per sua natura poco efficace ed oltretutto fenomeno effimero”.

Le soft skills sono una sorta di infrastruttura umana che regge tutto il resto e che consente di creare relazioni, connessioni e quindi ambienti generativi.

Stefania Sammartano, Enel Group

Quanto è importante irrobustire le soft skill?

Le persone e le loro capacità sono il vero valore aggiunto in un percorso di venture. I nostri ospiti attribuiscono grande importanza a quelle che vengono definite soft skills, tanto che Granelli puntualizza: “Sono soft sulla carta ma hard nell’essere perimetrate, misurate e rafforzate”.

Sammartano rincara la dose: “Le soft skill sono competenze centrali per i manager. E per riprendere l’importanza di queste competenze potremmo tornare a chiamarle arti liberali, per distinguerle dalle arti professionali; arti liberali in quanto costruiscono l’uomo e non solo la sua professione. Una sorta di infrastruttura umana che regge tutto il resto e che consente di creare relazioni, connessioni e quindi ambienti generativi.

Rauso ritiene più opportuno parlare di competenze in generale: “Servono progetti di motivazione legati al purpose dell’azienda ed al riconoscimento del valore del proprio ruolo. La formazione ‘obbligatoria’ non è più attuale, deve anch’essa fare parte della cultura dell’azienda”.

Le New Ventures sono non solo il modo più efficace per accelerare  l’innovazione, ma un’occasione imperdibile per fabbricare nuove competenze.

Andrea Granelli, Kanso

I fattori chiave dei percorsi di venture non sono tecnologia e prodotto

In conclusione i nostri ospiti hanno evidenziato tre fattori cruciali per sostenere un percorso di venture building, e hanno una dimensione squisitamente umanistica.

Purpose

L’innovazione non può essere individuale, ma guidata da una motivazione forte che supporta l’alto onere dell’impresa. È necessario intraprendere i percorsi di venture ad occhi bene aperti e con una visione solida della destinazione e del percorso collettivo dell’azienda.

Cultura 

Non è una sommatoria di ruoli, ma un sistema organico e interconnesso in cui possa trovare spazio anche l’ambiguità, la divergenza e la dialettica tra certo e incerto, universale e particolare. Una dimensione che permette di osservare il contesto senza manuale di istruzioni. In mancanza di questi elementi, i percorsi di venture diventano verticali, magari di successo, ma che non cambiano la natura dell’azienda.

Tempo

A volte si prendono decisioni giuste in un momento sbagliato, o si costruiscono soluzioni che arrivano sul mercato quando non servono, perché troppo precoci o in ritardo. C’è una parola greca che ci ricorda Andrea Granelli e che descrive perfettamente il tempo di un processo di Venture. La parola è καιρός (kairós) e definisce il momento opportuno per fare qualcosa. Comprendere il momento opportuno però richiede pazienza, disciplina, comprensione del contesto di mercato, tecnologico, sociale e competenza.

Venture e sostenibilità

Fare Venture è un'opportunità per elevare l’impatto del proprio business, penetrando  nuovi mercati e cogliendo opportunità insolite tutelando la sostenibilità del valore che genererà l’iniziativa. 

Gli obiettivi specifici delle singole sfide avranno tanta più influenza quando saranno catalizzatori della visione collettiva suggerita dall’Agenda 2030. “I percorsi di venture sono un’ottima “macchina attuativa” - commenta Granelli - e sono capaci più delle norme aziendali di orientare i percorsi e i comportamenti anche in quella direzione”. 

“La sfida delle venture non può che passare attraverso la centralità della conoscenza emotiva, di uno stile di leadership che si ispira ai principi della Gentilezza come base di creazione delle connessioni generative tra persone” aggiunge Sammartano.

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