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L’Hybrid Continuum richiede una omnicanalità radicale?

Radicalizzare la gestione contemporanea dei canali di accesso al mercato è davvero un esito scontato e necessario in un contesto di continuità ibrida? Prospettive e questioni aperte circa un mercato che cambia.

Luca Mascaro, Matteo Petrani, Serena Tonus
CEO & Head of Design, Technology Director, Design Director

22.01.21 - 6 min di lettura

In uno dei nostri ultimi contributi, abbiamo raccontato come la dimensione dell’Hybrid Continuum e le mutate abitudini delle persone stiano favorendo l’affermarsi di canali ibridi di accesso al mercato, contraddistinti da trasparenza, ridondanza tra contesti fisici e digitali e tensione verso l’inclusione delle persone. 

Resta da capire se l’Hybrid Continuum includa tra le sue caratteristiche anche il superamento del concetto di omnicanalità a favore di una sua forma più radicale. Lo scopo di questo articolo è proprio esporre le nostre riflessioni al riguardo, così come le abbiamo condotte fino ad oggi, e dare spazio all’eventuale dibattito intorno al tema.  

Affrontando le trasformazioni dei modelli di servizio, abbiamo intravisto un percorso di evoluzione nel modo in cui le aziende veicolano i propri prodotti e servizi verso il mercato e le persone: si è passati dalla multicanalità, intesa come la capacità di un’azienda di offrire servizi su una molteplicità di canali non integrati, all’omnicanalità - intesa come capacità di ottimizzare le strategie tra canali, o meglio guardando nel loro insieme tutti i canali - e abbiamo colto la possibilità di un’omnicanalità ancora più radicale, dove il journey, i servizi e i prodotti sono offerti in maniera identica e simmetrica su tutti i canali, anche in termini di prezzo. Dando così la facoltà alle persone di svolgere il proprio percorso in piena libertà.  

La definizione di omnicanalità tuttavia è ambigua, e cambia se applicata al marketing o alle infrastrutture e ai servizi, o ancora ai processi interni. Per comodità di analisi, abbiamo scelto di utilizzare la definizione ampia del termine, una sorta di minimo comune denominatore che accomuni tutte le accezioni del termine. 

Omnicanalità significa stabilire una presenza nei diversi canali e piattaforme permettendo ai consumatori di comprare, interagire ed essere coinvolti attraverso i canali in maniera simultanea e senza nessuna perdita nella customer experience.

Anatomia e implicazioni dell’omnicanalità radicale

Se radicale è come lo abbiamo inteso poche righe più sopra, allora è possibile inferire alcune caratteristiche di un’omnicanalità simile e provare a esplorare alcune delle sue applicazioni. 

Per amore di chiarezza, riprendiamo i principi progettuali che guidano il modo con cui si concepiscono i prodotti e i servizi nella continuità ibrida: 

  • Completa ridondanza tra il mondo fisico e quello digitale. Le persone devono avere la possibilità di fare le medesime cose in un contesto o nell’altro. Ogni singola feature deve essere quindi presente in ogni contesto.
  • Totale trasparenza tra i due mondi. Le persone possono passare da un contesto all’altro senza soluzione di continuità e senza alcuna perdita di valore.
  • Totale inclusione. Tutte le persone, anche quelle con disabilità o con una alfabetizzazione limitata, devono avere modo di beneficiare di questi nuovi servizi, processi e sistemi quale che sia la loro competenza o capacità tecnologica in entrambi i mondi.

I 3 principi progettuali che guidano il modo con cui si concepiscono i prodotti e i servizi nella continuità ibrida.

Se nella continuità ibrida le persone possono fare quello che vogliono lungo un continuo tra fisico e digitale, allora le aziende devono trovare il modo di consentirlo e mettere loro a disposizione una varietà di canali - fisici, digitali o ibridi - che permettano questo genere di dinamica. Ciò non vuol dire considerare tutti i canali possibili, ma solo quelli più vicini alle abitudini e alle aspettative della propria customer base, soprattutto se si considera il valore dell’inclusione come bussola per orientare le attività 

L'accesso ai servizi e ai prodotti è una dimensione anche culturale e sociologica, che risponde a una demografia e a dei pattern di uso che devono essere tenuti in considerazione per costruire soluzioni efficaci e non fare esplodere oltremodo la complessità. 

Accrescere la disponibilità di canali per adattarsi alle sottoculture degli utenti aumenta a dismisura la complessità che un’azienda deve gestire e questo significa necessariamente semplificare l’offerta, così che prodotti e servizi possano essere resi disponibili sui canali fisici, digitali ed ibridi. 

Un esempio: Tesla riesce a vendere i suoi veicoli sia nei concessionari sia online perchè ha 4 diversi modelli, disponibili in 5 colori e con due opzioni; BMW, al contrario, con la sua estrema varietà e possibilità di customizzazione, riesce a vendere solo attraverso i canali fisici, e ne ha avuto un grande danno durante il periodo di lockdown.

Ci sono quindi degli effetti importanti sul modo in cui si pianifica l’accesso al mercato in un’ottica di omnicanalità radicale: la strategia per singolo canale, le differenziazioni di prezzi e disponibilità, la progettazione di funzioni specifiche perdono progressivamente di significato a favore di una visione sistemica, inclusiva, sincronizzata. 

Non sarà più utile domandarsi quali funzioni rendere disponibili su quali canali, ma quale canale aggiungere al sistema e come rendere disponibile tutto anche su quello. 

Il paradosso dell’esperienza

In una condizione di omnicanalità radicale, i designer che, come noi, hanno sempre messo l’esperienza delle persone al centro della propria azione progettuale si trovano di fronte ad un paradosso: l’esperienza deve essere consistente e sincrona su ogni canale, e deve passare senza soluzione di continuità dall’uno all’altro, le uniche differenze devono essere date dall’ergonomia e dal modello di interazione tra le persone e il touchpoint. Inoltre in questo panorama di totale neutralità del canale l’utente sceglie in completa autonomia il percorso della propria esperienza attraverso una serie di micro-momenti della stessa in un journey completamente fluido.

Questo mette i designer in una situazione problematica, tutte le teorie dell'efficientamento delle funzioni su ciascun canale in base ai pattern di utilizzo non valgono più: nell'Hybrid Continuum si deve accettare il fatto che gli utenti potrebbero fare qualunque cosa, in qualunque modo in qualunque momento.

Nell’equazione entrano con prepotenza altre dimensioni: come ad esempio la relazione con il brand, il ruolo della tecnologia, la demografia degli utenti come abbiamo appena visto.

La relazione con il marchio che offre prodotti e servizi in una dimensione di omnicanalità radicale diventa importantissima: l’esperienza di brand deve essere percepita, identica e forte, in ogni momento della relazione, su qualunque canale. Se la strategia di canale perde di rilevanza, allora quella con il brand deve aumentare di preminenza costruendo fiducia, e rinsaldano i legami e le aspettative tra le persone e le aziende. 

Infine, per trovare l'ottimo di un funnel che idealmente funzioni su tutti canali, potrebbe essere dirimente il ruolo delle macchine (analisi predittive, automazioni) perchè può riorganizzare le comunicazioni e le operations in base alla complessità emergente e si possono affrontare temi di ottimizzazione e razionalizzazione basati su dati e numeri, anche quando molto complessi e stratificati. 

Radicale, con juicio

Al momento, non ci sono le condizioni perché si possa parlare di omnicanalità radicale se non come una prospettiva in divenire. Oggi le aziende sono organizzate in maniera non conforme: ci sono modelli di offerta e di servizio troppo complessi che mal si adattano alle implicazioni di cui abbiamo discusso poco sopra. 

L'omicanalità radicale, in termini implementativi, non spaventa le aziende se queste dovessero essere di nuova costituzione, ma rappresenta una sfida complessa per quelle tradizionali che si portano dietro un'eredità importante in termini di offerta, processi e personalizzazioni. 

Ma il nostro dilemma è un altro: dovremmo andare verso una condizione di omnicanalità radicale generalizzata? È una strada opportuna che come designer ci sentiamo di imboccare? Noi per primi siamo dubbiosi da una parte e possibilisti dall’altra. 

Per esempio, crediamo che la omnicanalità radicale debba essere perseguita in alcuni settori - come la Pubblica Amministrazione e i servizi alla persona - per dare modo a tutti di essere inclusi nelle prassi democratiche e di welfare, senza che si creino dinamiche a due o tre velocità dove i meno competenti vengono lasciati indietro e sperimentano nuove forme di disuguaglianza. 

In altri contesti invece, come il retail o le telco, abbiamo qualche remora in più, forse data dalla novità del piano di riflessione che si è aperto introducendo la omnicanalità radicale. 

Omnicanalità radicale sì, quindi, ma con giudizio. E ci piacerebbe davvero che questa ricerca di senso aprisse a un dibattito con la comunità del business e del design.